Disintermediare le OTA: cosa significa, quanto costa, a chi conviene, come farlo

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Disintermediare che cosa signitifca?

Disintermediare vuole dire togliere un intermediario e quindi un costo, dal processo di vendita di un prodotto o un servizio.

Nel turismo disintermediare vuole dire ridurre la tendenza consolidata da parte dei turisti a utilizzare le OTA (Online Travel Agency) come Booking, Expedia ecc.

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Infatti in molti mercati e quello della Sardegna non fa eccezione gli operatori del settore turistico in particolar modo chi si occupa di accoglienza è dipendente dall OTA per poter vendere i propri servizi.

Specialmente nell’extra alberghiero (b&b, locande, affittacamere ecc.) non avendo spesso esperienza e mezzi adeguati on posso fare altro che mettere in vendita le loro camere su Booking Airbnb ecc.

Molti trovano che le commissioni siano troppo alte e ritengono che i meccanismi dei portali di prenotazione online non siano sempre trasparenti, cosa che gli operatori mal sopportano ma a tutti gli effetti inevitabile.

Disintirmediare è ancora attuale?

Non è solo una questione di commissioni, ultimamente ho ricevuto diversi contatti da piccole strutture che stanno cercando di lavorare in maggiore autonomia rispetto alle OTA quindi vorrebbero disintermediare, spesso anche in maniera sostanziale.

Ecco alcune domande che sono emerse in questi incontri:

Come mai per alcune strutture piccole il turista tipo è così uniforme?
Stesso lavoro, stessa fascia di età, stesso tipo di nucleo familiare, stessa provenienza, persino stesse abitudini e tendenzialmente stesse richieste.
Letteralmente mi hanno riferito: “gli ospiti che mi manda booking sembrano fotocopiati

Come mai si ha l’impressione che la domanda sia in qualche maniera manipolata e indirizzata dal portale e che certe dinamiche sulla variazione delle richieste seguano apparentemente degli schemi ricorrenti?

È mai possibile che si alternino periodi di elevata domanda ed altri di stasi che invece sembrano risolversi solo utilizzando le “offerte speciali” del portale o pacchetti di servizi particolari? Che poi guarda caso arrivano con tempismo sospetto quando proprio si inizia boccheggiare?

Come mai nessuno di questi clienti è diventato un cliente ricorrente?Non è che per caso vengono indirizzati verso altre strutture? Sono come scomparsi“.

È inevitabile pensare che oltre alla distribuzione queste società fungano da filtro e in qualche modo schermino il mercato rendendo visibile all’operatore solo ciò che vogliono.

Secondo me in realtà non c’è nulla di strano e anche molti operatori sono consapevoli delle regole del gioco.

Essi sono infatti ben consapevoli che il cliente ha un costo di  acquisizione e che quindi “i clienti si comprano”.

Ciò che a molti operatori del turismo non sta bene, è il prezzo.

Per altri invece, oltre al prezzo ci sono anche alcuni aspetti, diciamo di trasparenza che sembra siano venuti meno.

D’altro canto, sono proprio i turisti che hanno imparato a disintermediare, sanno che se ci si rivolge direttamente ad una struttura è possibile spuntare una tariffa migliore rispetto a quello che si trova su un portale.

Per cui i turisti cercano attivamente sui motori la struttura che hanno già individuato come ottimale per le loro esigenze.

Ecco quindi che ha ripreso vigore il desiderio di disintermediare: l’idea che il turista si è fatto è: “Acquisto direttamente dalla struttura e quindi risparmio qualcosa e non lascio in giro troppi dati“.

Se ne parla da anni e in rete ci sono moltissimi articoli a riguardo, purtroppo solitamente molto basici.

La risposta delle OTA a chi vuole disintemediare

Le piattaforme non sono stupide e conoscono benissimo il problema che potenzialmente potrebbe ridurre i loro guadagni.

La risposta è naturalmente il monitoraggio del mercato in maniera dettagliata in modo da conoscere il lavoro delle singole strutture e i dati del traffico web per capire quale sia il rapporto tra prenotazioni intermediate e non.

È una cosa facilissima da misurare dal momento che tutti i booking engine sono bidirezionali e si devono solo aggregare i dati.

La reazione a questo punto potrebbe essere (ed è questo il sospetto di alcuni operatori) una qualche forma occulta di ranking e visto che la concorrenza è molta, la deviazione verso un segmento di turisti meno profittevole (una sorta di punizione insomma).

Quindi la consapevolezza è che se entro nella grande famiglia non devo sgarrare, se no poi mi costa in termini di prenotazioni o di qualità della clientela.

Disintermediare: il tema della prossima stagione turistica
I primi a disintermediare sono stati i turisti, cercando occasioni direttamente nelle strutture.

Non so se queste percezioni siano reali, però alla luce di una mia piccola ricerca sul web ho notato alcune cose interessanti che in qualche misura suggeriscono anche altre risposte e non tutte favorevoli agli operatori.

Il problema vero è che disintermediare costa e i risultati non sono sempre garantiti.

Disintermediare quanto costa?

Dipende dal tipo di struttura e dalle sue dimensioni.

Non entro nel caso delle strutture altamente organizzate (vedi nei link sotto), mi interessa invece il caso delle piccole e piccolissime strutture, per le quali non hanno significato i tecnicismi del revenue management alberghiero, in quanto tutto si riduce a pochissime camere.

Le strutture che mi hanno contattato recentemente infatti, sono piccole e a conduzione familiare, e pur con tutta la buona volontà non hanno possibilità di dedicare ingenti risorse al web marketing.  

Sotto molti punti di vista sono obbligate ad affidarsi alle OTA che in cambio offrono una vasta gamma di servizi e garantiscono buoni livelli di Occupancy quindi ben venga il loro supporto.  

È abbastanza intuitivo che anche la disintermediazione come processo ha costi fissi e variabili e che essi incidono sull’Average Room Cost.

Allo stesso modo è abbastanza intuitivo che questo costo deve essere inferiore alla commissione, diversamente non se ne fa nulla.

Cercherò di fare un ragionamento molto semplice e discorsivo, anche se inevitabilmente qualche formula ci dovrà essere, così ho immaginato di ragionare su un caso semplicissimo, quello di un B&B in Gallura, zona dove vivo e ho possibilità di avere qualche dato di prima mano.

Secondo la normativa vigente, un B&B può avere un massimo di tre camere e non può fornire altri servizi oltre al pernottamento, non può per esempio essere anche ristorante o bar.

Quindi il suo giro d’affari è limitato alle tariffe per il pernottamento.

L’ADR ( Average Daily Rate ) nel B&B qui in zona è intorno ai 50* Euro, l’incidenza delle commissioni è variabile da 10% al 30%, ma non sbagliamo di molto se facciamo una media del 20% per quanto riguarda i B&B.

*NON è così in reatà è molto più alto ma era comodo per gli esempi successivi.

È chiaro che si tratta di una bella cifra e che il proprietario del B&B ha tutto l’interesse a ridurla quanto più possibile, quindi a disintermediare le OTA.

Il meccanismo che mette in atto è semplicemente quello di rendersi appetibile sul portale e poi sperare che il turista ne esca e cerchi sul web la sua struttura prenotando sul sito del B&B direttamente, usufruendo se esiste della BRG (Miglior Tariffa Garantita).

Quindi l’esigenza immediata è quella di farsi trovare subito dal turista che ha letto qualche recensione e che farà verosimilmente una ricerca con la keyword: “NomeAlbergo a Località”.

Cosa non funziona

Basta però un rapidissimo giro sul web, per notare come cercando per nome non sempre si trovi subito la stessa struttura che avevamo appena analizzato.

Molti hanno nomi molto simili se non proprio lo stesso, per esempio, quanti B&B Sa Mendula, Gli ulivi o le Peonie ci sono in Sardegna?

Tanti, ma i siti su una SERP (pagina dei risultati di ricerca di Google) sono solo dieci (adesso a volte anche meno).

I primi posti poi sono occupati sistematicamente da annunci a pagamento e solitamente delle piattaforme, quindi emergere e dirottare la prenotazione sul proprio sito non è così facile.

Qualcuno un po’ più furbo degli altri ha capito che può usare Google ADS ed ha anche capito che una buona tecnica è quella di mettere nelle keywords all’asta, lo stesso nome che ha sulle piattaforme di prenotazione online e nel sito web (Tecnica del Brand Protection).

In questo modo per una ricerca locale uscirà sostanzialmente insieme (ma sotto) al portale e se il turista non è uno stupido, capisce e passa sul sito della struttura, soprattutto se nell’annuncio è menzionata la presenza di una miglior tariffa garantita.

Quindi finalmente abbiamo la soluzione? No, almeno non è così semplice.

Il costo di Google ADS

Infatti, chi conosce Google ADS sa che le keywords hanno un prezzo o meglio il click associato alla keyword ha un prezzo.

Mentre facevo una ricerca per un cliente, ho notato che alcune strutture avevano un costo per click che in taluni casi arrivava a circa 10 euro, una cifra notevole in assoluto, ma altissima per un B&B.

Quello che infatti bisogna considerare nell’equazione, ovviamente non è il costo per click, ma il costo della conversione, ovvero il costo per click moltiplicato per il reciproco del tasso di conversione, semplificando al massimo la formula abbiamo.

Tasso di Conversione = PageViews / Pernottamenti
Costo di Acquisizione Totale  = $Click * PageViews
Costo di acquisizione per Camera = Costo di Acquisizione
Totale / Tasso di Conversione  

Faccio un esempio:

se un click (cioè una visita al sito) costa 1 euro ma ottengo una prenotazione di una notte ogni 10 visite alla mia landing page, il costo di acquisizione è pari a 10 euro.

Se invece l’ospite prenota per due notti il costo di acquisizione è di 5 euro. Cioè rispettivamente il 20% e il 10% sul prezzo ipotetico di 50 euro.

Ma, la piattaforma?

La piattaforma nel nostro esempio si prende sempre il 20%, quindi se il costo del click fosse di 5 euro e il tasso di conversione fosse de 10% ecco che nel primo caso avrei azzerato il mio guadagno e sto parlando solo dei costi di acquisizione variabili.

È un esempio molto semplice e un po’ grezzo, ma spiega in sintesi perchè, disintermediare può avere un costo maggiore rispetto alle OTA ed è il motivo per cui, nonostante innumerevoli articoli sul web parlino di questo argomento, pochi ci si imbarcano in maniera decisa, ma si limitano a prendere le briciole che arrivano per caso.

Disintermediare a chi conviene?

Le strutture più piccole rischiano di più perché hanno un rapporto sfavorevole tra CostPAR (Cost per Availabe Room) e TrevPEC (Total Revenue Per Client) a causa dell’esiguo numero di camere e dei limitati servizi offerti.

Se ci pensiamo questo rapporto non è altro che un modo per misurare la produttività che ovviamente risente molto anche delle economie di scala.

Non è strano, infatti, “piccolo è bello” è solo una bella frase consolatoria, ma a nessuno piace piccolo.

È possibile dimostrare che il costo del click non ha alcuna correlazione con il costo della camera essendo influenzato da dinamiche del tutto diverse e peculiari e inoltre, è legato a fattori che spesso penalizzano le strutture meno organizzate.

Il costo del click infatti dipende in maniera decisiva dalla qualità dell’annuncio e dalla qualità e pertinenza del sito di atterraggio e della Landing Page in particolare.

Do per scontato che si stia facendo la campagna in maniera mirata sul giusto target.

Va da sé che un annuncio scadente avrà un CTR (Click-Through Rate) basso e quindi sarà penalizzato sia nella visibilità che nel prezzo delle keywords.

Un sito scadente viene abbandonato immediatamente dall’utente che non completa la transazione, ma la struttura paga comunque il click.

Non solo, la pessima esperienza utente penalizza ulteriormente il ranking dell’annuncio e conseguentemente il prezzo del click salirà e peggiorerà la posizione sulla pagina.

Mentre un B&B che sta solo sul portale anche se non ha un sito, lavora lo stesso senza problemi a parte le commissioni.

Come disintermediare con successo

Innanzitutto, occorre come sempre farsi un po’ di conti per capire se vale la pena di farlo o meno, cioè se vale la pena di investire dei soldi per farlo.

Io direi che vale la pena ma, sono anche in una posizione privilegiata, dal momento che non devo ingaggiare un consulente di web marketing per gestirmi l’operazione.

Io e Sara lo stiamo facendo con Viaggio in Sardegna per quanto riguarda la nostra attivitò di Guide Escursionistiche e la cosa funziona bene, tanto bene che abbiamo già da tempo chiuso con un portale, ma ovviamente è un business un po’ differente, anche se alcune dinamiche sembrano avvicinarsi, noi non abbiamo quasi costi fissi, il che è un vantaggio.

Altra cosa, occorre capire il ruolo che le piattaforme di prenotazione hanno nel proprio modello di business.

Come già detto, i clienti si comprano e i portali sono lì per venderli, non usare le OTA sarebbe stupido.

La situazione ideale è quella in cui una struttura ha:

  • una base solida di clientela fidelizzata,
  • brand molto forte e
  • utilizza i portali solo per “riempire” i buchi o gestire i last minute.

Fantascienza insomma, in un mondo reale ci dovremo accontentare di erodere la quota di clientela in arrivo dalle OTA utilizzando diversi mezzi.

Vediamo quindi nel dettaglio una possibile strada nel caso di un piccolo operatore, che ha quindi risorse anche umane limitate e non può sostenere i costi di figure professionali dedicate.

Il ruolo del sito web

La struttura deve dotarsi di un sito web moderno. Questo è imperativo

Il sito deve essere quindi di eccellente fattura, ovviamente mobile friendly, e con il booking engine integrato, che non richieda cioè di uscire dal sito per completare la prenotazione.

La cosa più importante: deve essere facile. I clienti sanno già chi siete, hanno già letto le recensioni, vogliono anzi pretendono la coerenza con quanto già visto, prenotazione in zero passaggi, conferma che sono sul sito giusto e che hanno scelto bene.

Più qualche plus rispetto alla OTA che non li faccia tornare indietro.

La procedura deve sempre prevedere un incentivo alla prenotazione sul sito e questo incentivo deve essere associato ad una qualche forma strategia e di Customer Loyalty. 

Il nome della struttura non può essere comune, anzi al contrario deve essere un nome assolutamente unico.

Questo perché chi esce dal portale per prenotare sul sito deve poterlo trovare in maniera immediata ed è più facile trovare sui motori di ricerca un nome unico che un nome comune.

Sulla base di questo si deve lavorare molto sulla parte di Local SEO, in modo da catturare il più possibile clienti attraverso i risultati organici della ricerca.

A questo punto una attenta campagna con Google ADS permetterà di intercettare chi è a caccia di sconti o di last minute e si affianca alla strategia SEO.

Infine, poiché non tutti prenotano in un’unica sessione ma spesso vagano sul web e fanno molte ricerche prima di arrivare a prenotare, occorre attivare una campagna di remarketing sia su Google (o Yandex) sia su Facebook (e Instagram).

Senza dimenticare che è possibile integrare queste campagne con l’automazione sulle transazioni non completate, (cart abandonment*) cioè chi ha iniziato a prenotare e poi esce perché non è ancora convinto lo si può incoraggiare in maniera automatizzata con appositi software.

Tutto questo serve a migliorare il tasso di conversione e far sì che il costo del click su Google non ci mangi il guadagno ottenuto rispetto al portale.

Conclusioni

A mio parere è possibile disintermediare, per una quota anche importante della propria capacità operativa, ma non credo che sia fattibile in toto.

Certamente se ben fatto e monitorato costantemente può essere un modo per incrementare il ROI della nostra strategia di web marketing, della quale però anche i portali sono parte integrante.

Una parte interessante del processo di disintermediazione può essere una strategia basata sulla Customer Loyalty e sulla Brand Reputation dal momento che intervengono su fattori del tutto diversi dal sistema delle OTA i clienti fidelizzati hanno costi di acquisizione più bassi e sono naturale veicolo del nostro brand.

L’argomento mi interessa molto perché mi coinvolge anche direttamente e quindi nei prossimi articoli cercherò di approfondire alcuni aspetti.

Link

Questa volta i link sono solo due, ed hanno a che fare con ciò di cui ho meno parlato nell’articolo, cioè la fidelizzazione e la gestione dei “carrelli abbandonati”.