Operatori del turismo, che fine avete fatto?

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L’effetto sul turismo dell’epidemia COVID-19

L’epidemia del nuovo corona virus COVID-19 è il classico shock esogeno che colpisce tutto il sistema economico, sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta. In questo senso, tutti gli economisti sono concordi: non si deve abbandonare il sistema economico a sé stesso, ma sostenerlo con tutta la liquidità necessaria, per evitare che anche le imprese sane finiscano anch’esse fagocitate dalla crisi e distrutte. Un esempio di questa consapevolezza sono le dichiarazioni di Mario Draghi sul Financial Times di qualche giorno fa o le analisi di Michele Boldrin.

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Mario Draghi on Financial Times https://www.ft.com/content/c6d2de3a-6ec5-11ea-89df-41bea055720b
Michele Boldrin on YouTube con Ric Du Fer https://youtu.be/LOPu02kS7Yg

I governi quindi, si stanno attrezzando per sostenere i vari comparti produttivi. E tra tutti i comparti produttivi quello che al momento è stato colpito fino all’azzeramento è quello turistico.

Il solo fatto che sia stata ridotta al minimo la mobilità delle persone in ogni paese colpito dall’epidemia, ha comportato disastrose ricadute su tutto il sistema che lo ricordo, considerando anche l’indotto, vale a livello nazionale circa il 10% del PIL.

La Sardegna chiusa e bloccata

La Sardegna che è la mia regione, quella che conosco meglio e nella quale lavoro accanto a diversi operatori turistici, in questo momento è in lockdown completo, in senso fisico, cioè porti e aeroporti chiusi.

Nessuno entra o esce a meno di motivi particolarmente seri. Poiché siamo su un’isola non è stato difficile ottenere ciò e lo stato d’emergenza decretato dal governatore Solinas, sarà attivo fino al 31 luglio in via prudenziale (non è detto se durerà davvero fino a quella data, al momento non è dato saperlo).

Cosa è successo quindi nel comparto turistico da quando è iniziata questa crisi?

Molto semplice, tutti gli operatori si trovano a fronteggiare un’ondata di disdette delle prenotazioni.
La stagione turistica 2020 che doveva iniziare a Pasqua, il 12 aprile sembra essere andata in fumo.

Un disastro al quale per ora non sembra esserci una soluzione imminente.

Le conseguenze sono state il completo arresto dell’indotto: tutto ciò che aveva a che fare con il sistema turistico è fermo, in un territorio che grazie al turismo ha la possibilità di vivere tutto l’anno significa la peggior crisi di sempre.

Questo almeno nel nord est della Sardegna, dove vivo io. Se andiamo a considerare anche le altre zone che stavano compiendo passi importanti per affiancare il turismo ad altre fonti di reddito e liberarsi dei trasferimenti dallo stato centrale, il colpo è notevolissimo.

Del resto, anche il comparto agroalimentare qui è per molti versi un indotto del settore turistico.

La reazione della maggior parte degli operatori

Il silenzio.

Un po’ come un pugile sul ring che incassa il classico uno-due e va a terra, il sistema turistico della Sardegna è muto di fronte a una catastrofe di proporzioni mai viste.

Non si è avvertita alcuna reazione verso il mercato da parte dei responsabili delle categorie di riferimento, per l‘accoglienza per esempio Federalberghi e FAITA Federcamping né di altri operatori come ad esempio Confguide o Assobalneari (che addirittura non ha rappresentanza in Sardegna).

Uniche dichiarazioni si sono avute da Federalberghi sotto forma di richieste di aiuto alla politica regionale attraverso interlocuzioni con l’assessore e interviste alla stampa ma nulla verso il pubblico.

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Federalberghi Sardegna https://www.federalberghi.it/regioni/sardegna.aspx
FAITA Sardegna http://www.faitasardegna.it/
Confguide http://www.guidedisardegna.it/index.htm
Assobalneari http://www.assobalneariitalia.it/

Perché questo silenzio?

Innanzitutto, ci sono i morti. Ogni giorno il bollettino delle 18:00 della Protezione Civile ci informa dei numeri di questa epidemia e ad oggi abbiamo superato gli 11.000 decessi. Un impatto che ci lascia senza fiato e che è oltre ogni pessimistica immaginazione.

Ognuno di noi sta, chiuso in casa, sospeso, i DPCM impongono a tutti di non uscire e si ha tantissimo tempo per essere bombardati da notizie agghiaccianti sui media.

È difficile pensare al lavoro in queste condizioni e, molto più difficile pensare a qualunque azione che abbia a che fare con la comunicazione.

Il pubblico a tutto sta pensando, tranne che andare in vacanza e dove.

L’idea stessa di rilassarci o divertirci appare fuori luogo e intollerabile, è forte la sensazione che se non rispettassimo questo vero e proprio lutto collettivo, potremmo apparire come degli sciacalli.

Invero, qualcuno nel mondo politico ogni giorno da prova di spregiudicatezza e abbiamo visto perfino lucrare sulle bare dei cittadini di Bergamo caduti in questa lotta per vita.

Ma noi non siamo così, non solo, è difficile avere la sfacciataggine di farlo, ma vorrei anche sottolineare quanto un’azione di questo tipo sarebbe controproducente.

Quindi, anche se dopo il primo momento abbiamo capito che non dovevamo fermarci, è chiaro che il registro comunicativo va adeguato al momento.

Certe narrazioni sono semplicemente insopportabili ecco perché occorreva fermarsi diversamente il rischio di fare ulteriori disastri è concreto.

Link
Matteo Flora Storitelling e Storymaking https://youtu.be/dxH4XSfUC8U

Cosa succede intorno a noi

La pandemia, lo dice la parola stessa colpisce tutte le nazioni, tutti i popoli. Le persone non viaggiano, non si muovono, si stima un crollo nel trasporto aereo almeno del 80 % insomma si resta a casa, per ora.

Ovviamente tutto questo finirà ma quando dipenderà molto da come i vari stati si sono comportati durante la crisi. Non è possibile al momento fare previsioni, perché ogni paese sta reagendo con tempi e modalità diverse e non sappiamo nemmeno quanto possa durare questa emergenza.

I paesi nostri concorrenti nel settore turistico e i rispettivi mercati di riferimento al momento sono nella nostra stessa situazione:
la Spagna fronteggia un’emergenza sanitaria difficilissima, la Francia è in lockdown come noi e così la Germania, i Paesi Bassi ondeggiano ma non hanno ancora chiuso tutto e il Regno Unito che ha temporeggiato come i Paesi Bassi, è ora in grossissime difficoltà.
Così anche gli USA e di fatto tutti i paesi intorno a noi. Della Turchia non sappiamo nulla ma dubito che ci si possa fidare ed in ogni caso hanno chiuso le frontiere anche loro, la Grecia deve anche fronteggiare una emergenza profughi di guerra in arrivo dalla Siria attraverso la Turchia, Israele è al momento chiusa e blindata, la Russia sta progressivamente chiudendo e i miei clienti mi confermano la cancellazione delle prenotazioni.

La nostra situazione

Come ho detto la Sardegna è al momento irraggiungibile, non si può entrare, come del resto tutte le regioni italiane. Rispetto ad altre regioni è possibile che la nostra insularità e anche la ridotta densità di popolazione ci permetta di uscire dalla fase critica più rapidamente di altre regioni, in ogni caso seguiamo l’andamento di tutta l’Italia.

Il nostro modello di turismo è ancora in larga misura un turismo di destinazione con il classico mono prodotto balneare. E il grosso delle presenze si registra nella stagione estiva: giugno, luglio, agosto.

In realtà abbiamo anche presenze, non molto consistenti, ad aprile e maggio (soprattutto stranieri) e poi a settembre e fino a ottobre, ma non siamo mai realmente riusciti ad espandere la stagione balneare affiancando altri modelli di turismo se non in maniera piuttosto ridotta.

Abbiamo ancora due mesi in cui probabilmente non sarà possibile, né alcuno vorrà farlo, venire in Sardegna. Le prenotazioni sono bloccate. Ma a giugno forse si potrà viaggiare e così nei mesi successivi, qualcosa si può salvare. Non dipende da noi purtroppo.

Cosa succederà?

Non lo sa nessuno, ma possiamo fare un ragionamento di buonsenso basato sull’esperienza. Personalmente, avendo vissuto la terribile alluvione del 2013, credo che dopo la fase più acuta dell’epidemia la gente avrà un desiderio fortissimo di lasciarsi quest’incubo alle spalle.

Siamo chiusi in casa da tre settimane e per un paese occidentale, abituato a una intensa vita sociale questo è davvero duro.

Link
Beppe Severgnini on NYT https://www.nytimes.com/2020/03/02/opinion/italy-europe-coronavirus-.html

Ci sono sempre i fenomeni che bollano questo disagio come una lagna, ma la verità è che non siamo avvezzi a questa rinuncia delle nostre libertà personali. Il morale, dopo le prime settimane in cui si ostentava forza e coraggio in realtà è basso. Troppi morti e troppa angoscia.

Credo quindi che dopo ci sarà una reazione. Purtroppo il reddito di ampie fasce di popolazione in queste settimane sarà stato fortemente ridimensionato e non tutti avranno sufficienti risparmi per assorbire uno stop lavorativo così lungo, si prospetta perciò una vera emergenza economica.

Questo lo do per certo: cambierà molto la propensione al viaggio perché molto semplicemente non ci sarà il reddito disponibile per farlo.

Ma non vuole dire che non si viaggerà.

Vivo in una zona della Sardegna nella quale abbiamo un tipo di turismo di fascia medio alta e di respiro internazionale che verosimilmente non subirà in maniera così forte e pervasiva questo contraccolpo.

Allo stesso tempo sembra di poter dire per ora, che la crisi epidemica dei nostri concorrenti diretti sia iniziata almeno due settimane dopo e che stia aggredendo questi paesi con un’estrema violenza, le notizie che arrivano dalla Spagna per esempio sono angoscianti.

Per tutta una serie di fattori la Sardegna potrebbe quindi ritrovarsi ad essere un’autentica Isola felice nella quale andare a trascorrere dei giorni di pace lontano da tutto questo strazio.

Evitare di sparire

I nostri operatori però si sono chiusi in sé stessi.

Sembra che tra le strategie possibili non ne abbiano adottata alcuna. Un articolo illuminante in tal senso con il quale sono molto d’accordo scritto da Josep Ejarque è molto chiaro, non bisogna farsi dimenticare e anche l’articolo di Simonetta Pozzi indica spunti interessanti.

Link
Josep Ejarque https://www.ftourism.it/coronavirus-quale-marketing-devono-fare-le-destinazioni/ Simonetta Pozzi https://www.linkedin.com/pulse/come-narrare-una-struttura-turistica-tempi-di-covid-19-pozzi

Sicuramente molti sono terrorizzati, hanno paura di dare un’immagine sbagliata e preferiscono tenere un profilo basso.
Poche cose sono sgradevoli e imbarazzanti come un ostentato ottimismo e mancanza di empatia quando la situazione intorno a noi è tragica, un esempio di pessima comunicazione il video di Urbano Cairo rivolto alla sua forza vendita.

Link
Urbano Cairo ai suoi venditori https://www.youtube.com/watch?v=xo87Jevb4tI

Quindi tutti muti, che nessuno ha voglia di sentir parlare di vacanze adesso, mentre oltre a piangere i morti si rischia di perdere anche il lavoro.

Eppure, non siamo scomparsi, tra noi continuiamo a scambiarci messaggi, scrivere sui social, pubblicare foto e abbiamo scoperto una socialità alternativa che forse non pensavamo potesse essere così forte.

Noi esistiamo e resistiamo.

Come tutti siamo umani e nonostante le preoccupazioni andiamo avanti come possiamo e cerchiamo di aggrapparci alle cose che amiamo, come la nostra terra e le nostre tradizioni.

E allora continuiamo a far vedere che la nostra Isola, nonostante i porti e gli aeroporti chiusi è sempre la Sardegna che i nostri amici italiani, ma anche tedeschi, inglesi, americani norvegesi, russi, olandesi conoscono e amano.

Lo facciamo spontaneamente, tra noi per sentirci vicini e per mantenere il contatto con il nostro mondo.

Una narrazione nuova per non farsi dimenticare

Gli operatori del turismo a mio avviso non devono smettere di raccontare la Sardegna.

Solo la devono raccontare diversamente: i temi sono cambiati ed anche il tono.

Parliamo allora della Sardegna tradizionale, delle nostre case, dei dolci e dei piatti che si preparano in casa, dei nostri anziani ora come non mai fragili e a rischio della vita, dei nostri animali.

Raccontiamo di una Sardegna più intima, che si è raccolta su sé stessa per affrontare questa difficile prova e lo fa con la forza della sua storia millenaria. Un popolo che ha resistito a innumerevoli attacchi esterni e ogni volta è ritornato ad essere sé stesso con orgoglio, con la sua ospitalità e la sua faticosa serenità.

Abbiamo i vecchi più vecchi del mondo e in questa pandemia che sembra colpire loro più di ogni altro, noi siamo preoccupati giustamente e cerchiamo di tutelare questo patrimonio prezioso. Per questo abbiamo chiuso tutto, ma sappiamo che non è che una misura temporanea, che finirà.

Facciamo questo tentativo, cerchiamo di raccontare la nostra cultura. Se mostrare il nostro mare può comprensibilmente sembrare fuori luogo in questo momento, parliamo della nostra musica, dei nostri artisti dei nostri scrittori: un libro è un buon compagno quando non puoi uscire di casa.

Parliamo dei nuraghi esempio di forza che attraversa la storia.

Si avvicinano i riti della Settimana Santa, probabilmente non potranno avere luogo, ma per noi è un appuntamento importante che anche i turisti hanno imparato a conoscere. Allora ricordiamo le processioni degli anni passati con foto e racconti.
Raccontiamo la nostra nostalgia per farla sentire anche a chi ci legge e che magari vorrà venire a trovarci quando tutto questo sarà finito.

Non possiamo stare fermi

Credo che sia il momento giusto per parlare di come prepararci a uscire dalla crisi e trovare idee e soluzioni. Nel mio piccolo ho fatto delle proposte ai clienti e vedo che anche altri operatori si stanno dando da fare.

L’idea è creare una rete di supporto a chi lavora nel turismo, in modo da essere pronto a ripartire e parlare al nostro pubblico con una sola voce.

I problemi li conosciamo già, sono stati più volte evidenziati, dalla carente alfabetizzazione informatica, alle non molto solide basi nell’ambito del marketing e della comunicazione, a problemi di natura infrastrutturale che esulano dalle possibilità del singolo operatore ma ricadono in un più ampio difetto sistemico.

Ma ci sono cose che il singolo può fare adesso e ora mentre si aspetta di ripartire.

Oggi come oggi la responsabilità ricade interamente sulle spalle del singolo, è il momento di decidere se si vuole chiudere o se invece vogliamo difendere il nostro lavoro e la nostra professionalità, se vogliamo continuare a vivere di sussidi o creare un’opportunità per il futuro.

Poiché nulla sarà più come prima, anche noi non possiamo più fare quello che facevamo fino a ieri.

Come sempre Olbia e la Gallura si mostrano pioniere in ambito turistico, mi è piaciuta molto l’iniziativa di Homey, un concreto supporto agli operatori che si trovano a fronteggiare questa emergenza. Io ho già dato loro la mia disponibilità per quello che è il mio lavoro quindi il Digital marketing e la comunicazione e mi piacerebbe che si creasse un vero movimento che impedisca alla Sardegna di chiudersi del tutto in sé stessa.

Link
la proposta di HOMEY https://www.facebook.com/homeyaffittibrevi/posts/883969045397550

Noi non abbiamo più industrie manifatturiere, chimiche, tessili, ma abbiamo il turismo e tutto l’indotto, questo virus ci colpisce fisicamente, negli affetti e nella nostra capacità di lavorare e produrre reddito, ma siccome non durerà per sempre dobbiamo prepararci per il dopo.

Inizieremo nei prossimi giorni una serie di azioni, ognuno nel suo ambito di competenza per aiutare gli operatori ad essere pronti.

Io ci sono e anche i miei amici e colleghi, voi ci sarete?