A volte leggendo leggendo sui social alcuni post di conoscenti o amici rimango spiazzato, per non dire infastidito, dalla stravaganza di certe tesi e dalla piega che prendono poi i commenti agli stessi.
Certamente ci sono diversi meccanismi di bias cognitivo che inducono alla superficialità e alla sottovalutazione della portata di certi post e che non intendo discutere qui, ma in generale credo di poter dire che in fondo chi ritrasmette o ripubblica, diffondendo i contenuti di altri ne condivide il pensiero.
Che si tratti di gattini, improbabili quanto misteriosi complotti o tesi politiche di qualsivoglia natura chi diffonde, condivide.
“Se condividi allora vuole dire che condividi” mi viene da dire. E se stai mostrando qualcosa su cui non sei d’accordo è solo per mostrare che condividi la posizione opposta.
Ma non solo, ti aspetti anche che i tuoi follower sui social condividano a loro volta, cosa che se è spesso facile con i gattini potrebbe non esserlo altrettanto con argomenti più divisivi come le opinioni e/o le appartenenze politiche.
Volevo esplorare un attimo il significato di alcune parole che inevitabilmente sono parte di questo tema:
I verbi condividere, diffondere, pubblicare, i sostantivi amico, seguace, compagno (ma anche follower).
La mia è solo una personale riflessione sulla responsabilità, altra parola che in qualche modo è coinvolta nel meccanismo delle interazioni sui social.
Un esempio (famoso)
Partiamo dal verbo condividere:
dividere con (qualcuno), prendere cioè qualcosa in nostro possesso e dividerlo per darne una parte agli altri che ne sono sprovvisti.
Il gesto evangelico dello spezzare il pane per donarlo agli altri. “Non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4).
E allora che cosa si condivide con i propri compagni?
Etimologicamente, si condivide il pane, cioè la parola del Signore, la conoscenza cioè nutrimento per l’anima.
La condivisione è un dono a chi è nel bisogno e ne è privo. Si dona perché si ama, come fa il Signore così i suoi seguaci che essendo tra loro compagni, condividono e diffondono la Parola a loro volta infatti: “[…]amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (Giov 15,12).
Lo fanno perché aderiscono ad un comune progetto di vita, a una idea che è la stessa, in altri termini sono d’accordo su alcuni valori e credenze. Vanno d’accordo, che è come dire fanno la stessa strada.
Ho preso l’esempio evangelico perché è antico, conosciuto, radicato e condiviso; e sul suo significato ci sono pochi dubbi.
Il verbo diffondere ha un significato più attivo e la direzione va da chi mette a disposizione i contenuti verso chi li riceve, ma è parte di un meccanismo che funziona solo se chi riceve accetta/rifiuta il significato di ciò che riceve e lo diffonde a sua volta.
Ed è questo il senso di diffondere è condividere cioè condividere è accettare e poi diffondere.
Non esiste differenza tra diffondere e condividere sui social sono sinonimi.
Non esiste neutralità, questo deve essere chiaro.
Facebook cioè il social network per eccellenza nasce come uno strumento per i compagni di scuola quindi per persone accomunate da un’esperienza e che verosimilmente sono d’accordo su una serie di valori appresi attraverso un percorso comune, come può essere quella di aver avuto gli stessi maestri.
Aver seguito gli stessi maestri.
Ma ora il significato dell’appartenenza si è allargato e ognuno di noi si trova a far parte di più reti e se si fa un’analisi non superficiale non è detto che si abbraccino contemporaneamente i valori di ognuna di esse.
La responsabilità emerge nel momento stesso in cui accettiamo di essere non più solo follower/seguaci di qualcuno, ma ogni qual volta abbiamo noi stessi dei seguaci. Si dice che sharing is caring, implicitamente si ricorda che la condivisione è un atto d’amore ed è questo che comporta la responsabilità.
La responsabilità sta nel non permettere che il nostro dono serva per fare male ad altri.
Infatti, essi potrebbero essere compagni per certi versi, ma anche abbracciare opinioni differenti in ambiti che nemmeno sospettiamo.
La responsabilità è quella che ci dovrebbe far rendere conto che non tutte le nostre idee possono essere condivise e pertanto che nel momento in cui le diffondiamo fuori dalla cerchia dei nostri compagni/seguaci ci esponiamo, come i discepoli quando diventarono apostoli, al rifiuto.
Se non addirittura all’aperto contrasto da parte di chi condivide idee, opinioni e valori diversi.